“IL SANGUE DEI VINTI”, IL FILM CHE FA PAURA – DOPO IL NO DI VENEZIA, IL RIFIUTO DDEL FESTIVAL DI ROMA (VIA SMS) - PANSA: “È UN PAESE DI CODARDI CHE HA PAURA DELLA VERITÀ SULLA PROPRIA STORIA”…
Naturalmente le motivazioni del no sono “artistiche”. Marco Müller, direttore della Mostra di Venezia, l’ha rifiutato perché s’aspettava addirittura “un gotico sulla guerra civile”. Piera Detassis, coordinatrice del Festival (ex Festa) di Roma, pur apprezzando “alcune parti avvincenti”, ritiene che “la fiction prevalga sul cinema”. Così “Il sangue dei vinti”, il film di Michele Soavi tratto dal libro di Pansa, resta a terra un’altra volta. Nessun festival sembra disposto ad accoglierlo. Eppure la Rai l’ha coprodotto sborsando 5 dei 9 milioni di euro, Soavi è un regista esperto nel maneggiare storie controverse, nel cast primeggiano Michele Placido, Barbora Bobulova, Stefano Dionisi, Philippe Leroy, Giovanna Ralli. Niente. Sin dall’inizio, cinque anni fa, il progetto destò sospetti e antipatie. Visto il tema, giudicato politicamente scorretto, qualche attore si defilò dal progetto; il copione è stata ritoccato infinite volte per scongiurare accuse “di indebito revisionismo”; nel corso delle riprese, specie a Saluzzo, la troupe subì una sottile forma di boicottaggio. Solo coincidenze? Riflette amaro il produttore Alessandro Fracassi: “È come se quel titolo si portasse dietro un’aura di maledizione”. Evidentemente “Il sangue dei vinti” tocca nervi scoperti. Per la materia incandescente che insidia il culto resistenziale e si riflette nella cronaca politica. Tanto più alla luce delle recenti polemiche innescate dalle dichiarazioni di Alemanno e La Russa. Eppure trattasi di un film.
Con Placido nei panni di un commissario di polizia, Franco Dogliani, che sul finire della guerra, partito da Roma per un’inchiesta, risale verso la natia Cherasco, nelle Langhe, diventando testimone attonito, sempre più partecipe, di alcuni dei fatti di sangue - la resa dei conti dopo il 25 Aprile - rievocati da Pansa. Soavi, regista in bilico tra cinema e tv, spiegò di essersi ispirato soprattutto ad “Antigone” di Sofocle, per il tema dolente della giusta sepoltura. A quanto pare non è bastato.
Martedì sera, dopo il no veneziano, è arrivato anche quello di Roma. Per sms, indirizzato al produttore: “Mi dispiace, ma per ‘Il sangue dei vinti’ non è stato possibile trovare spazio”. Detassis conferma, ribadendo che la decisione nasce “solo da ragioni artistiche”. Così come Gian Luigi Rondi, chiamato da Alemanno a sostituire Bettini alla presidenza della kermesse romana, scandisce al telefono: “Smentisco di aver fatto rilievi od obiezioni. Non ho visto ‘Il sangue dei vinti’, ricordo solo di averne letto il titolo all’interno di una lista. In ogni caso, i direttori delle diverse sezioni godono della massima autonomia”.Eppure già da luglio, dopo due proiezioni incoraggianti, all’Auditorium ci si interrogava sulla possibile collocazione del film. Scartata la selezione ufficiale, si accarezzò l’ipotesi di una “serata evento” rinforzata da un dibattito pubblico. Se possibile, con Pansa messo a confronto con storici o giornalisti di diverso orientamento (Pavone, Curzi, Sansonetti, alcuni dei nomi escogitati) e Paolo Mieli a far da moderatore. A questo punto, tutto saltato. O magari rinviato ad aprile, quando “Il sangue dei vinti”, nella versione lunga in due puntate, approderà su Raiuno. Sferzante il commento di Pansa: “Mi sembra tutto prevedibile, questo è un Paese di codardi che ha paura della verità sulla propria storia”. Resta il suo parere positivo sul film: “Ricordo molte cose sulla guerra civile, a partire da ‘Tiro al piccione’ di Montaldo. Però mai l’ho vista così vera, non dico realistica, come stavolta. Dentro il libro, un elenco di nomi e di episodi, c’è tutto e niente. Ma il tutto, ovvero il senso di sfacelo e disumanità che va al di là della causa, giusta o sbagliata che fosse, l’ho ritrovato intatto sullo schermo”.
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